E’ nato, recentemente, il forum sulle diseguaglianze e le diversità, su iniziativa della fondazione Basso, di un gruppo di organizzazioni da anni attive in Italia sul terreno dell’inclusione sociale e di ricercatori e accademici impegnati nello studio della disuguaglianza e delle sue negative conseguenze sullo sviluppo.
Riuniti in un “comitato promotore”, questi soggetti hanno scelto di lavorare insieme per dare vita a un luogo in grado di produrre e promuovere proposte che favoriscano la realizzazione dell’articolo 3 della nostra Costituzione, rimuovendo “gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e la partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Le organizzazioni facenti parte del comitato promotore sono ActionAid, Caritas Italiana, Cittadinanzattiva, Dedalus cooperativa sociale, Fondazione Basso, Fondazione di comunità Messina, Legambiente, Uisp.
Tra le singole persone, presenti nel comitato, si possono citare, tra gli altri, Fabrizio Barca (Fondazione Basso), Carlo Borgomeo (Fondazione con il Sud), Vittorio Cogliati Dezza (Legambiente), Maurizio Franzini (Università di Roma “La Sapienza”, Etica ed Economia), Giovanni Moro (Fondaca), Marco Rossi Doria (If-ImparareFare).
Perché la decisione di dare vita a questo forum?
Negli ultimi anni si è assistito, nei Paesi occidentali, a un diffuso aumento della disuguaglianza di reddito, una forte concentrazione della ricchezza, la creazione di fasce diffuse di “perdenti”, specie nelle periferie, nelle piccole città e nelle vaste aree rurali di ogni Paese, luoghi dove degrado sociale e degrado ambientale si sono alimentati l’un l’altro.
Queste disuguaglianze si sono aggiunte a disuguaglianze radicate e di lunga durata, in alcuni casi modificandone le caratteristiche, in altre amplificandone la portata.
Tali diseguaglianze hanno prodotto effetti negativi sulla stessa crescita e poi sulla “crisi” iniziata nel 2008.
E hanno avuto effetti politici ora appariscenti: un diffuso rifiuto della concorrenza e della libertà di circolazione; una crescente intolleranza per le diversità; una sorta di “esodo dalla cittadinanza” con sentimenti di diffidenza e risentimento verso tutto ciò che è istituzione; la richiesta di “poteri forti”; infine, il rigetto della “globalizzazione” – termine assai elusivo – tout court, come se l’integrazione dei mercati e la riduzione di distanza fra luoghi e individui sia responsabile in sé di tutto ciò, e non lo siano piuttosto le politiche nazionali e internazionali che hanno attuato e accompagnato questi processi.
Peraltro la globalizzazione ha consentito in alcuni Paesi emergenti, tra i quali soprattutto la Cina e l’India, l’uscita dalla povertà di centinaia di milioni di persone e la formazione di un nuovo ceto medio, vasto oggi come quello dell’Occidente.
Però una terza parte del mondo, specie nel continente africano, ha visto immutata o addirittura peggiorata la propria situazione, con conseguenti disastri umani e creando le condizioni per le massicce migrazioni in atto.
Così il cerchio si è chiuso.
I “perdenti” dell’Occidente si sentono insidiati sia dal nuovo ceto medio dei paesi emergenti, sia dai “poveri che ci invadono”. E sono tentati di volgere contro di loro e contro le frontiere aperte le proprie preoccupazioni, anziché verso politiche sbagliate.
La vicenda dell’Italia, a parte le note differenze, ricalca questa traccia.
In Italia, infatti, la disuguaglianza di reddito mostra un trend crescente a partire dall’inizio degli anni ’80, comunque misurata.
La crisi ha ridotto i redditi famigliari lungo tutta la distribuzione, ma ha avuto effetti più forti soprattutto per le fasce meno abbienti o povere, meno tutelate dalla rete di protezione sociale e più esposte alla caduta della domanda di lavoro: secondo alcune stime, nel 2014, il 10% di italiani con il reddito più basso, aveva in media a disposizione un reddito inferiore di circa un quarto rispetto a quello del 2008.
Quasi un cittadino ogni otto vive in “condizioni di grave deprivazione materiale”. Fortemente cresciuta rispetto agli anni ’80 è la quota di reddito e di ricchezza dell’1% più ricco.
E infine, come altrove, per fasce ampie della popolazione, alle minacce economiche (reddito e prospettive di lavoro) e sociali (accesso e qualità dei servizi fondamentali) si somma una minaccia normativa e culturale: ai propri valori e norme di comportamento, alla propria omogeneità, al proprio bisogno di protezione da parte di un’autorità affidabile.
Cosa intende fare in Italia, in questa situazione, il forum?
Il comitato promotore del forum parte dal patrimonio di conoscenze e di “saper fare” annidato in una crescente moltitudine di pratiche attuate da organizzazioni di cittadinanza di diversa matrice culturale nei territori e nelle comunità del nostro Paese, spesso in alleanza con pionieri nelle imprese private e nella pubblica amministrazione.
E combina questo con la qualità della ricerca italiana, teorica e applicata, nel campo delle disuguaglianze, indispensabile per passare dai “mille fiori” alla ripresa di un processo sistemico di avanzamento sociale.
L’incontro che ne deriva è un progetto comune fra associazionismo e mondo della ricerca, in cui il primo rafforza gli strumenti per cogliere i profili sistemici del proprio agire e cerca di unificare i propri linguaggi, il secondo orienta l’analisi alle domande che vengono dal primo, estraendo dalle sue esperienze territoriali materiali e dati per ricercare.
Ed il forum, sospinto in modo congiunto da associazioni e ricercatori, si caratterizza per due tratti: l’attenzione alle esperienze concrete delle persone nei territori; la costruzione di una vera e propria “piattaforma condivisa di conoscenza e confronto”, innervata da dati e informazioni nazionali e territoriali.
In questo modo, la proposta di azioni pubbliche (norme, regolamenti, pratiche di intervento) o private e il lancio di campagne sarà radicato sia nella valutazione comparata degli interventi esistenti, sia nella conoscenza circostanziata delle esperienze e delle tendenze nei diversi territori del Paese.
Il forum guarderà a quattro diverse dimensioni delle disuguaglianze: di reddito e ricchezza; di accesso e qualità dei servizi fondamentali; di accesso a un lavoro non subalterno e alla possibilità di fare impresa; di partecipazione politica.
Di biennio in biennio l’attività si concentrerà su un tema. E’ stato deciso di partire dalla disuguaglianza di ricchezza, privata e comune. Questa scelta è dettata, non solo dalla dimensione e dalla crescita di questa disuguaglianza, ma soprattutto dalla pervasività dei suoi effetti.
Io ritengo che la nascita di questo forum sia da valutare in modo fortemente positivo.
Spero però che le sue proposte siano recepite dalle istituzioni competenti e che comunque quest’ultime si impegnino maggiormente e concretamente per ridurre le diseguaglianze, in Italia.
Certo, se si considera che il tema della diseguaglianze è stato quasi del tutto assente nella campagna elettorale appena conclusasi, è poco probabile che questa mia speranza si traduca in realtà.