Il dato di maggiore interesse risultante dal 5° libro bianco sulla legge Fini-Giovanardi è che il 38,6% dei detenuti presenti nelle carceri italiani sono imputati o condannati per reati di droga. Di qui la necessità di modificare quella legge.
Il libro bianco in questione è stato realizzato da La Società della Ragione Onlus, Forum Droghe, Antigone, Cnca e con l’adesione di Cgil, Comunità di San Benedetto al Porto, Gruppo Abele, Itaca, Itardd, Lila, Magistratura Democratica, Unione Camere Penali Italiane.
I principali risultati del rapporto sono che nel 2013, su un totale di 59.390 ingressi negli istituti penitenziari, il 30,56% era per violazione dell’art. 73 del DPR 309/90 mentre quasi il 40% delle presenze in carcere al 31/12/2013 sono dovute direttamente alla legge sulle droghe.
E nonostante i ripetuti proclami gli affidamenti terapeutici dei tossicodipendenti restano al di sotto del dato precedente all’approvazione della legge, ed oggi avvengono per lo più dopo un periodo di detenzione.
Secondo le associazioni che hanno realizzato il rapporto resta irrisolto il grave problema dei detenuti che stanno scontando pene ritenute illegittime dalla Corte Costituzionale: in assenza di un intervento legislativo si rischia il collasso dei tribunali, costretti ad esaminare una per una le richieste di ricalcolo delle pene o peggio si rischia di lasciare scontare alle persone pene ingiuste.
Per quanto riguarda il sistema di repressione se si sommano le denunce per hashish, per marijuana e per le piante si raggiunge la cifra di 15.347 casi (45,37% del totale).
La “predilezione” del sistema repressivo per la cannabis è confermata dal numero di operazioni che aumentano, in controtendenza con tutte le altre sostanze, del 35,24% rispetto al 2005, si sottolinea nel libro bianco.
Quindi cosa sarebbe necessario fare?
Per le associazioni citate serve una compiuta depenalizzazione del possesso e della cessione gratuita di piccoli quantitativi di sostanze destinati all’uso personale, anche di gruppo.
Serve poi una regolamentazione legale della produzione e della circolazione dei derivati della cannabis e della libera coltivazione a uso personale.
Serve il rilancio dei servizi per le dipendenze e delle politiche di “riduzione del danno”.
Serve il superamento del fallimentare modello autocratico del dipartimento antidroga, con una cabina di regia che veda coinvolti tutti: enti, istituzioni, privato sociale e consumatori e che convochi entro l’anno la conferenza nazionale prevista dal testo unico e dimenticata da troppi anni.
Tali richieste mi sembrano ampiamente condivisibili e per recepirle mi sembra indispensabile che il Parlamento approvi quanto prima una legge radicalmente diversa dalla Fini-Giovanardi.