No a una politica economica restrittiva

In Italia, come altrove, soprattutto in considerazione dell’aumento del tasso di inflazione, da più parti si evidenzia la necessità di adottare una politica economica restrittiva, sia per quanto riguarda la politica monetaria che per quanto concerne la politica di bilancio.

Io credo che, invece, occorra essere molto prudenti nell’adottare una politica economica restrittiva, quanto meno in Italia.

Si corre il rischio, infatti, che si verifichi quella che gli economisti chiamano “stagflazione”, la contemporanea presenza cioè di un ristagno economico, o quanto meno di una crescita molto lieve, e di un’inflazione piuttosto elevata.

Noi non ci possiamo permettere, innanzitutto, il verificarsi di una crescita economica molto limitata.

In primo luogo perché nel 2021 c’è stato sì un incremento consistente del Pil che però non ha compensato completamente la forte riduzione verificatasi nel 2020 a causa della pandemia. Non si può attendere ancora nell’obiettivo di raggiungere il livello del Pil pre-pandemia, quello del 2019, anche perché nel 2019 e negli anni precedenti il Pil, in Italia, era aumentato in misura inferiore rispetto a quanto verificatosi negli altri Paesi europei.

Del resto un’insufficiente crescita economica non garantirebbe nemmeno il raggiungimento del numero degli occupati pre-pandemia e soprattutto non determinerebbe la necessaria crescita degli occupati a tempo indeterminato e la contemporanea riduzione di quelli a tempo determinato.

Molti osservatori però, a questo punto, potrebbero concordare sulla necessità teorica di un politica economica non restrittiva, per consentire una crescita economica piuttosto consistente, ma obietterebbero che non possiamo permetterci una politica economica di quella natura.

Infatti, a parte il fatto che la politica monetaria è in mano alla Bce che ha deciso, proprio a causa dell’intensificarsi dell’inflazione, di attenuare progressivamente la natura espansiva della politica monetaria, una politica di bilancio non restrittiva potrebbe determinate un aumento del rapporto deficit pubblico-Pil e soprattutto del rapporto debito pubblico-Pil, che non possiamo permetterci, prevalentemente perché i mercati finanziari potrebbero farcela pagare determinando un’eccessiva crescita dei tassi di interesse.

In realtà, non è affatto detto che una politica di bilancio espansiva provochi un aumento del rapporto debito-Pil, per vari motivi, il più importante dei quali è rappresentato dal fatto che il denominatore di quel rapporto è il Pil nominale che potrebbe aumentare sia perché aumenterebbe il Pil reale, in seguito ad una politica di bilancio espansiva, sia perché continuerebbe ad aumentare il tasso di inflazione, anche se auspicabilmente in misura inferiore rispetto alla situazione attuale.

Certo, molto dipenderebbe dalla qualità della spesa pubblica, dalla necessità cioè che l’aumento della spesa pubblica sia determinato soprattutto da un aumento degli investimenti e non da un incremento della spesa corrente.

E poi, anche se aumentasse un po’ il rapporto debito pubblico-Pil, non sarebbe un dramma se si considera che anche nel 2022 siamo in una situazione di emergenza, particolare, contraddistinta dalla guerra in Ucraìna, che determina e determinerà un incremento dei prezzi dei prodotti energetici, incremento peraltro iniziato prima dell’inizio dell’aggressione della Russia di Putin ai danni degli ucraìni.

Peraltro, una politica economica restrittiva potrebbe non determinare gli effetti sperati nell’attenuazione dell’inflazione, perché quella attuale che non è tanto un’inflazione da domanda ma soprattutto un inflazione da costi, causata prevalentemente da un incremento dei prezzi dei prodotti energetici.

Inoltre, le autorità dell’Unione europea faranno slittare al 2023 la ripresa del cosiddetto patto di stabilità che, inoltre, è auspicabile e probabile  che sia considerevolmente cambiato. Quindi, in teoria, non dovremmo rispettare alcun limite preciso sia per quanto concerne il rapporto deficit pubblico-Pil sia per quanto riguarda il rapporto debito pubblico-Pil, pur se sarà opportuno che non si determini un forte aumento di entrambi quei rapporti.

Ma, ripeto, se la politica di bilancio assumerà le caratteristiche prima indicate, sarebbe anche possibile che il rapporto debito pubblico-Pil non aumenti affatto.

E comunque, infine, tra gli obiettivi che dobbiamo porci non c’è solamente una stabilità, o quanto meno un lieve aumento, dei tassi di interesse, ma una consistente crescita del Pil e dell’occupazione, per i motivi in precedenza esplicitati.

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